(N.1 al mondo su 313.000 entries con la rubrIca “Suggestioni e percorsi poetici” come potete verificare qui – 20/6/16 – 12.13 cet)
(pubblicato nel contesto di “Art & Culture” N.1 su 60.700.000
come potete verificare clickando qui 14-5-16 CET 5.00)
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Timothy Leary, icona della Summer of love, studioso degli stati di alterazione e sperimentatore degli effetti dell’lsd, affermava che il surfista è l’unico uomo che riesca realmente a vivere il Tempo presente. Perché la cresta dell’onda esiste solo in quel preciso frangente, immediatamente prima è passato e subito dopo è futuro, riuscire a cavalcare l’onda significa “carpire il tempo” e viverlo. Personalmente sono indissolubilmente legato al mare come luogo di vita e come scenario in perpetuo e costante rimodellamento e spesso ambiento le mie metafore sul mare e con il mare. Questa poesia, forse la preferita fra quelle che ho scritto, si svolge nell’attimo sulla cresta dell’onda e, se vorrete leggerla, per cortesia leggetela con ritmo arrembante come foste il surfista in equilibrio precario e cangiante sul Tempo presente che altrimenti vi fugge via:
ISTANTE
Istante
in bilico sulla cresta dell’ultima onda
istante immobile infinito
onda bianca pronta a arrotolarsi sulla graticola dei sassi
spiaggia lenta deriva
nello sparpaglio di gocce salate
evaporate nel profumo del Tempo eterno
ritorno
gocce distillate nelle vene dei polsi
gocce versate sopra quei sassi
corallo rosso gocce rosse gocce pietre rosse
rinascita
nello Spazio smisurato
vita altra vita vita nuova vita che vive
che pulsa nelle vene dei polsi
e parte in un battito d’ali
e srotola l’onda azzurra e rossa la sera
che si perde nel mare e nel Tempo
perde i capelli suoi rossi di gocce
ma non lascia una traccia nel mare di gocce
con le mani fra i capelli grondanti
nel vento
che vena gli occhi sottili di rosso
e spinge spinge a fondo
senza nulla senza il niente
solo vento nel mare con le mani
fra i capelli grondanti di gocce
rossi come gli occhi suoi grossi
come il cuore che batte
e pulsa nelle vene dei polsi
Senza fiato sulla spiaggia alla fine dell’onda cavalcata sul filo del Tempo carpito nello Spazio vissuto. La celeberrima poesia di Orazio è stata utilizzata un po’ da tutti con sensi molteplici secondo princìpi svariati, ma l’essenza del Carpe Diem è semplicemente quella del suo significato letterale: carpisci il Tempo. Non è un atto “edonistico” ma un impulso vitale, non ha finalità pragmatiche ma è la finalità stessa, non esclude nulla semmai può contenere l’essenza della vita nella sua interezza. Perché vivere è la vera finalità, senza alchimie, tattiche, sofismi; vivere… e vivendo, giocoforza, ci si “confronta” attimo dopo attimo con le uniche imprescindibili entità che sento di dover scrivere con la lettera maiuscola: Tempo e Spazio. Quando Orazio “gode” dell’odore nell’aria di una focaccia fumante appena sfornata, coglie quell’istante, una piccola cosa per una gioia personale. Ma per afferrare gioie da certi momenti bisogna aver fatto un percorso interiore per vivere sulla base di una consapevolezza di sé e della vita. Non lo fa l’edonista che coglie attimi di piacere, non lo fa l’arrivista che coglie solo successi, non lo fa il “prigioniero” che è schiavo di sovrastrutture psicologiche o ideologiche, non lo fa il “drogato” che gode di uno stato irreale e comunque momentaneo. Anche Timothy Leary è stato spesso frainteso e il senso del suo “Turn on, tune in, drop out“, motto della Summer of love, stiracchiato di qua e di là a seconda delle circostanza e dei punti di vista. Non lo spiego io, ma riporto le parole del suo autore, traduco solo i primi due termini: turn on significa accenditi, ma anche rivoltati quindi “apriti” a nuove possibili conoscenze, innanzitutto quella di sè e tune in sintonizzati ovvero stabilisci un legame con il mondo. Drop out letteralmente abbandonati, ma come spiegò Timothy Leary: “Drop out suggeriva un selettivo, prezioso processo di distaccamento da ciò che involontariamente restringe la nostra libertà d’azione. Significa coscienza di sé, la scoperta della propria singolarità, una promessa di mobilità, di scelta e di cambiamento. Sfortunatamente la mia spiegazione dello slogan per il miglioramento del sé fu spesso male interpretata, come se significasse ‘Drogati e abbandona le attività costruttive'”. Quindi è impegno, anche gli stati di allucinazione e l’uso dell’lsd sono nell’ottica di una scoperta e di una costruzione di sè, come cogliere gli attimi fuggenti della vita del Tempo e dello Spazio.
Comprendo che tutto il discorso viaggia su un equilibrio precario, proprio come la tavola da surf sulla cresta dell’onda, ma come la tavola da surf sull’onda se si raggiunge quell’equilibrio si coglie il Tempo, il senso del Carpe Diem e quello della Summer of love. Però è facile essere fraintesi, sia “da destra che da sinistra” si potrebbe dire. Orazio scherzosamente diceva di sé: “sono solo un porco del branco di Epicuro” perché gli e lo dicevano sia i seriosi romani stoici nel dna per dirgli che era un uomo da poco, un godereccio, un epicureo appunto (tanto è che l’aggettivo epicureo è rimasto nel lessico proprio con questo significato, e dire che la dottrina di Epicuro tendeva al contrario ad una sorta di annulamento dei sensi), ma i moralisti, i bigotti, i conservatori, i ”giusti” e gli ignoranti sono sempre esistiti. Infatti il Presidente Nixon definì Timothy Leary: l’uomo più pericoloso d’America!?!, appunto il Presidente Nixon, nessun commento; il potere non ha mai tollerato innovazioni radicali e inviti alla ricerca di un’autocoscienza, come il regime restauratore di Luigi Filippo che tra le prime azioni intruì un pubblico processo ad un libro: Les fleurs du mal di Charles Baudelaire, ovvio no? Ma anche i “goderecci” dicevano la medesima cosa ad Orazio, così come molti hanno capziosamente inteso il drop out come drògati.
L’equilibrio sulla cresta dell’onda è difficile e ci vuole coscienza, di sé e del mondo.
…e concludo con Orazio che si rivolge alla giovane Leuconoe (Bianca) nella mia traduzione:
Non chiedere Bianca, tanto non potrai saperlo,
cosa gli dei abbiano riservato a me o a te
non consultare nemmeno gli oroscopi.
Quanto è meglio vivere ciò che sarà!
Sia che Giove ci abbia dato ancora molti inverni
sia che questo che sfalda le rocce di pomice del Tirreno
sia l’ultimo: sii saggia, purifica il vino
e straccia la speranza in cose lontane e distanti.
Mentre stiamo parlando la giovinezza fugge via:
carpisci il tempo e non affidarti al giorno che verrà.
Orazio Le Odi 1, 11
Renato Barletti ©2016
Potete seguire Renato ogni domenica in “Suggestioni e percorsi poetici”