(pubblicato nel contesto di “Art & Culture” N.1 su 60.700.000
come potete verificare clickando qui 14-5-16 CET 5.00
ed in “Anime di Carta” N.1 su 1.140 siti come potete verificare qui )
(… qui potete leggere la puntata N. 6…)
… Certo che vola proprio una settimana, senza nemmeno accorgermene eccoci ad un nuovo appuntamento.
Per riprendere le fila del discorso interrotto vi svelo subito la singolarità dell’anima di carta di Vita e riavVita.
In lui vivono ben cinque storie, diverse tra loro in tutto e per tutto.
Si parla di amore, di gravidanza, di amicizia, di lavoro, di famiglia, di scelte difficili da compiere … di vita.
Si parla di donne, speciali nonostante il loro essere comuni, per il desiderio di tirare fuori il meglio di sé e portarlo come vessillo.
Chi si immagina storie di eroine impegnate politicamente è fuori strada, chi pensa di leggere di donne che cambiano il corso della storia per aver inventato la cura dell’anno resterà deluso. Deluso no. Che dico?! Dovrà innamorarsi per forza del loro meraviglioso cuore che viene allo scoperto , pagina dopo pagina.
Ora non rubo altro spazio a Viola e la sua lettera, buona lettura…
Sì tesoro mio, quando ho capito che eri destinata a lasciare il segno ho pensato di arrendermi e diventare tua complice. Fino ai diciotto anni ho avuto l’obbligo morale e civile di prendermi cura di te, fare scelte per te, importi cose che non volevi di tua spontanea volontà fare. E’ stato come camminare sui carboni ardenti. Misteriosamente comparivano i “no” nella tua bocca ad ogni richiesta. Troppo presto il rientro a casa. Troppa ingerenza nella preparazione del cibo. E sì mia cara, per te mangiare un hot-dog al giorno con contorno di patate fritte rappresentava il pranzo ideale. Chiaramente la cena era a senso unico. Volevi sempre pizza. Che scene se tentavo di propinarti la minestra. Rompevo quando ti portavo ai magazzini per comprare anche vestiario da ragazza. Saresti stata vestita con gli stessi jeans intercambiabili ai pantaloni da ginnastica anche nelle occasioni di festa. Scontro generazionale, desiderio di dire la tua. Non lo so. Che si trattasse di cose futili o importanti dovevo urlare un tantino di più per ottenere che ti adeguassi. Ai diciotto anni ci sei arrivata anche come ti volevo io. Bella, educata, solare, intelligente, colta, capace. Sì capace. Di fare un pò di tutto. Anche friggerti un uovo e farti il letto. Fosse stato per te i trofei di cui andare fiera sarebbero stati solo il diploma, la patente, gli attestati di idoneità sportiva. Io ti volevo completa. Dopotutto sei donna. Mica devi contare sugli altri. Sempre e solo su te stessa. Per troppe generazioni la donna nella mia famiglia è stata unicamente appendice di un uomo. Che ricordi da mia nonna, a mia madre a me. Tu no. Dico appendice perché il ruolo di schiava è passato di moda.
Spesso è proprio per le pretese della vita a due che uno si deve chinare. Anche con te mi sono trovata a farlo. Nel rapporto a due o si è davvero complementari o uno dei due si annulla e cede. Difficili gli equilibri. A te ho cercato di insegnare ad essere indipendente per non cercare nell’altro sesso chi colmasse i vuoti.
L’amore deve essere unicamente amore. Ricordalo sempre. Non bisogno, non dipendenza, non rassegnazione.
Quando hai compiuto i tuoi diciotto, preziosi anni, ho capito che di lezioni da me ne avevi apprese abbastanza. Nella torta ho infilato quel biglietto per giocare alla caccia al tesoro. In memoria dei giochi della tua infanzia, avevo nascosto nella casa piccoli regali da comporre. Uno zaino, un paio di scarpe comode, un cappellino con visiera dai colori sgargianti, una t-shirt con scritto “il mondo è mio” ed un biglietto del treno con destinazione a tua scelta. Ti lasciavo libera. Libera di iniziare la tua vita. Libera anche di decidere. Mi hai guardato. Mi commuovo ancora al pensiero. Più grandi di così i tuoi occhi non li avevo mai visti. Forse eri più incredula che felice. Io quella terribile mamma che ti imponeva di fare questo e quello per il tuo bene, il tuo futuro che ti parlava di programmare il tempo, organizzarti la vita…. ora ti spingeva a fare un passo fuori dalla porta e provare come te la saresti cavata. In realtà ti davo solo il permesso. Tu prima o poi lo avresti fatto. Almeno potevo scegliere se esserti amica o nemica. Da amica sarei rimasta in contatto. No, non dire scelta furba. Scelta da mamma, che un tempo è stata giovane. Mi è costata tanto, davvero tanto. Concederti la libertà di scappare via mi ha trovato in bilico nelle discussioni con tuo padre. Poi alla fine ha vinto l’amore.
Per giorni hai pensato alla destinazione. Prima la vicina Francia, poi la Grecia, fino a decidere di provare con una piccola isola della Spagna un pò selvaggia. Lì ha avuto inizio la tua seconda vita. Quella in cui scrivevi da sola le pagine del tuo romanzo e permettevi a me di leggerle.
Oh mamma! Ad averti qui ti stringerei forte! Fino ai diciotto anni vita trincerata. Libertà con il contagocce. Sempre sotto sorveglianza speciale. Controlli serrati ad ogni uscita, accompagnata all’entrata di un locale, attesa al rientro. Solo con Mattia si era allentata la pressione. Ogni decisione presa veniva sottoposta al vaglio per valutare se fosse o meno la cosa migliore da fare. Non era meglio la vita delle amiche le cui mamme erano troppo prese dalla loro esistenza per occuparsi delle minuterie? Mai provato. Anche se cambiavo smalto, se ne accorgeva. Poi, compiuti i preziosi diciotto anni, spalancate le porte, no che dico il portone della libertà. Vai dove vuoi, fai ciò che vuoi. Sì occhi sgranati dalla meraviglia. Inaspettato. Inatteso regalo quel biglietto con scritto <Vai dove vuoi sono con te > lo teneva nel portafogli, come amuleto. In ogni viaggio sapeva di aver il nulla osta, la mano di un angelo sulla testa. Capiva bene che i doveri civili di un genitore imponessero regole tali da parere eccessivi. Di fatto lo capiva ora. Al momento erano limitazioni alla sua voglia di sperimentare. Sapeva però che oltre sarebbe stato impossibile tenerla legata. Un purosangue di razza perennemente eccitato.
Ecco assomigliava a quello. Avrebbe strappato qualunque nodo di legatura. Era inutile provarci dalla sua avrebbe avuto quella scusante in più: ora ho diciotto anni non puoi più dirmi cosa fare.
Di certo aveva ottenuto il massimo rispetto. Anche oltre. Ora ricordava, anche il timore di deluderla. Scegliere era difficile, sarebbe andata da qualunque parte. Quante cose avrebbe voluto vedere, provare, conoscere. La scelta di Formentera era stata casuale. Sì casuale. Non proprio il dito sul mappamondo, ma quasi. Quel puntino nell’immensità di tutto il resto era un inizio. Un viaggio lungo, fatto di treno, traghetto, autostop… Un viaggio meraviglioso, pieno d’inesperienza che profumava di libertà. Nel suo bagaglio stavano ben pressate le cose indispensabili che si era portata dietro. Viaggiava leggera, sulle spalle e nel cuore. Così come ripromesso ogni ostacolo si era risolto per il meglio. Impegnandosi e applicando le tecniche assimilate riusciva ad adeguarsi al corso degli eventi.
Una vacanza iniziata per sfida con in tasca poco più di trecento Euro si era trasformata in una esperienza indimenticabile di vita della durata di ben quattro mesi. Trovare lavoro sull’isoletta che le aveva rapito il cuore era stato il passo successivo. Innamorarsi del posto il primo. Spiagge infinite, mare trasparente, gente aperta piacevole. E poi che dire di quei bellissimi chiringuiti dove lavorare voleva dire prendere il sole in costume, con i piedi nella sabbia, a far tortilla di patate per turisti ghiotti di sole, libertà e San Miguel. Certo puzzava un po’ di cipolla a fine giornata, ma che tintarella invidiabile poteva mostrare! E la sera che tramonti mozzafiato! Indimenticabili. E’ stato proprio durante il suo rapporto amoroso con l’isola che aveva scoperto il lato artistico. Era brava a far fotografie. Il panorama rendeva tutto facile. Il suo occhio ancora da turista vedeva lo splendore ovunque. Ogni pietra, ogni granello di sabbia erano lo sfondo ideale per immortalare le amiche lucertole (lagartija pitiusa come la chiamano i locali). Belle. Padrone nei momenti di silenzio dell’isola. Assolute, indiscusse regine a prendersi i caldi raggi del sole. Colorate come mai ne aveva viste altre. Stavano in posa da modelle per i suoi scatti. Andava a cercare le bianche sugli arenili, le verde intenso al Pilar della Mola dove approfittava per legare con gli strani tipi che riempivano la piazzetta. Erano per lo più artisti che mettevano in vendita la loro arte per la gioia dei turisti. Altro che souvenir, vere e proprie opere fatte a mano. Così conoscendo gli originali protagonisti hippie iniziò lei stessa a proporre la sua arte. Vendeva le foto incorniciate in semplici cornici fatte di legni portate dal mare, arricchite di conchiglie trovare sulla spiaggia. “Un pezzo di Formentera”, consigliava alla gente. Scatti di lucertole, di vedute mozzafiato dell’isola, di tramonti coloratissimi. C’era l’imbarazzo della scelta. Ed un pezzo dopo l’altro era riuscita a mettere da parte un bel gruzzolo. Visto che lavorava al chiringuito ed aveva poche, se non nulle pretese, il gruzzolo era un preciso investimento. Poteva permettersi una seconda meta. Non si era in realtà stancata, ma aveva voglia di mettersi alla prova. Un’altra lingua, un’altra realtà, tanti nuovi mondi da scoprire.
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