(pubblicato nel contesto di “Art & Culture” N.1 su 60.700.000

come potete verificare clickando qui 14-5-16 CET 5.00

ed in “Anime di Carta”  N.1 su 1.140 siti come  potete verificare qui )


(… qui potete leggere la puntata 7 …)

…. Bentornati. Ormai chi mi segue sa che questa rubrica si divide in due: vi racconto di cosa parla un’anima di carta in via di pubblicazione e vi svelo la seconda già compagna di molti lettori in pagine e copertina.

Ormai del nuovo libro mi resta poco da raccontare senza rischiare di dire troppo, per lasciarvi la giusta curiosità.

Conoscete il titolo, le storie contenute al suo interno, la modalità in cui cerco di farlo nascere, manca forse un’indiscrezione o due. Ed eccomi pronta a raccontarvele.

Vita e riavVita, ha come trama legante, il racconto di una barista che giorno dopo giorno ha raccolto confidenze ed assaporato le piacevoli sensazioni che trasmettono a loro volta le storie via via che si leggono. Commozione, emozione, trasporto, serenità… E’ la sua voce narrante che vi porta per mano  nella conoscenza di Leila, Roberta, Diana, Luisa, Carola, Tecla, Agata,Amalia, Manuela e Sonia. Perché le storie sono cinque, ma le donne raccontate molte di più.

Ora non rubo altro spazio a “Il giardino Viola”, buona continuazione di lettura…

Imparare a cavarsela da sola aveva innescato una reazione a catena. Era difficile fermare quella fiamma. Sete. Voglia. Non riusciva a capirlo nemmeno lei. Era talmente bello essere in un posto dove non si conosceva nessuno, dove si poteva iniziare da zero e decidere chi essere e cosa fare che … valeva la pena rincominciare.

Ogni volta era uguale. Ogni posto era una sfida. Ogni vittoria, il trampolino per una nuova partenza. Nel giro di diversi anni si era ritrovata a conoscere angoli remoti del mondo, a parlottare lingue prima sconosciute, a mangiare cose difficili da definire cibi. Tutto era stato immensamente nuovo, bello e travolgente. Esperienze su esperienze.

Ritornare a casa, a volte, invece una tortura. Sentiva il peso di quel dovere per compensare alle mancanze durante il resto dell’anno, ma  anche quelle poche settimane erano eterne. Ogni volta l’assedio degli amici a chiedere, a cercare in lei segni di malessere, a tentare di convincerla che era tempo di fermarsi. Solo sua madre le leggeva da subito la voglia di ripartire e il profondo fastidio a restare in quei vecchi posti asfissianti. Solo lei la capiva e la sosteneva. < Sono certa Viola che qualche posto meraviglioso ti sta aspettando e la notte ti chiama, per quello non riesci a stare ferma > la stuzzicava. Un pò forse la prendeva in giro, un pò invece leggeva il senso della sua vita.

Lei andava in posti dove le piccole realtà diventavano qualcosa da raccontare con le foto e continuavano la loro strada da sole. Per una sorta di fortunata coincidenza una sua foto souvenir era finita nelle mani di un direttore di giornale. Da lì il salto a rifornire le testate anche concorrenti di foto di paesaggi sconosciuti. Posti non troppo turistici, ma suggestivi. Dalle riviste di viaggi, alle mostre, alle feste, ovunque una foto possa veicolare un messaggio Viola provava a far breccia. A volte riusciva. Caparbia e tenace migliorava spinta dall’ambizione riscuotendo  fama.

Il suo lavoro apprezzato e ben ripagato le permetteva in sostanza di viaggiare di continuo, di vedere e fare ciò che più le piaceva e di sentirsi pienamente libera. Per dieci anni questa era stata la sua vita. Era diventata una fotografa free-lance. Proponeva gli scatti dei suoi  viaggi in posti sperduti bellissimi per la loro peculiarità. Vere e proprie immersioni in contesti di vita, prima di allora, a lei e al mondo ignoti. Piccoli gioielli inestimabili. Ricordi. Album interi di ricordi. Incontri unici con persone e animali. Dopo dieci anni forse si era stancata.

Nonostante avesse sempre attizzato il fuoco, la stanza non era poi troppo calda. La posizione statica sulla poltrona le aveva fatto salire il freddo dai piedi alla schiena, fino alla punta dei capelli. Forse era stata  seduta un pò troppo, ma tra la lettura e il rimuginarci sopra il tempo era volato. Guardando l’ora capiva perché fuori si era fatto così buio. Erano le nove di sera, e si sa in montagna il buio è più intenso. L’ora di mettere qualche cosa sotto i denti. Un po’ di spesa l’aveva portata, qualche cosa in dispensa di solito c’era. Previdenza della mamma. Le buone abitudini non si perdono mai.

Avendo rispolverato i vecchi album del passato e l’esperienza di Formentera, ci stava proprio bene una bella frittata di patate. La padella era quella giusta. Bella di ghisa, mai lavata, ma solo unta e pulita con la carta. La ricetta era facile tre ingredienti ben dosati, un po’ di pazienza ed il gioco era fatto. Profumo meraviglioso in tutta la cucina di patate, cipolle e uova. Quasi un ritorno al passato. Mancava la birra, ma pazienza. Mentre la frittata si dorava da un lato, Viola aprì il panetto di formaggio d’alpe comprato al mattino nel negozietto di paese. Che profumo! La cena era pronta. Il pane si abbrustoliva un po’ sulla stufa. L’appetito non le mancava. Si sentiva appagata. Rinfrancata ad ogni boccone. Il cibo era un dono. Non tutti lo avevano, molti lo sprecavano. Lei ne conosceva il valore. Avendo vissuto certe realtà sapeva bene di cosa parlava.

Con la pancia sazia era davvero un’impresa rimettersi a leggere. Ci voleva  un po’ di movimento. La salutare passeggiata post cena che faceva sempre con mamma e papà. Bei tempi. Quanto tempo fa.

Riempita a dovere la stufa per non perdere il calore conquistato, indossata la vecchia giacca che usava per andare a funghi,  intraprese le buie stradine del paese. Deserto. Silenzio. Forse ogni tanto si sentiva in lontananza un leggerissimo ronzare. Ma pareva insonorizzato. Chiamarlo villaggio fantasma riusciva a cogliere meglio il senso. Conosceva a menadito ogni angolo, ma senza la pila, visto il buio totale per l’assenza di luci pubbliche sarebbe stato impossibile muovere un passo.

Piano piano il paese si era spopolato, morti i vecchi nessuno era più rimasto a viverci. Lentamente nemmeno per le vacanze i soliti salivano. Le scuse erano mille, ma di fatto si era persa l’abitudine. Il risultato era che in un periodo come quello di ottobre non un gatto girava più. Lei era l’indiscussa unica superstite di un’estate effimera scomparsa da mesi e lontana ancora molti. Pazienza. Il giro anche in assoluto silenzio lo aveva compiuto alla ricerca di una sana digestione. Ora il ritorno a casa era più che mai apprezzato.

Il mucchietto di pagine la aspettava lì sulla poltrona, dove lo aveva lasciato. Chissà perché sua madre aveva deciso di scrivere. Parlarle attraverso parole scritte, senza dialogare. Metterle nero su bianco ricordi della sua vita, motivarli… dove voleva arrivare? A spiegarle cosa l’aveva spinta a fare o non fare una determinata cosa? A darle un messaggio che non si sentiva di dirle a voce? Oddio mica nascondeva qualche triste rivelazione? Per saperlo doveva leggere direttamente il finale, ma come nei thriller si sarebbe rovinata la parte centrale. Dopotutto non erano moltissime le pagine. Poteva aspettare. Che cosa nascondevano? Era davvero incuriosita.

La maniera inaspettata in cui era entrata in possesso del piccolo manoscritto era strana.  Al ritorno dall’ultimo viaggio, durante una rilassante chiacchierata a due davanti al fantastico vassoio di baci al cioccolato (i suoi preferiti in assoluto) lei e la mamma si erano confidate.

< Sei stanca, Viola, credo dovresti recuperare. Vorrei consigliarti di rifugiarti qualche giorno nella casa in montagna. Non avresti nessuno a disturbarti. Spento il telefono sei irraggiungibile per chiunque. A farti compagnia ci sarebbe un piccolo regalo mio per te.> Sibillina come sempre. Sicura del fatto suo. Incredibile. Era davvero stanca, e soprattutto aveva  bisogno di non rendere conto a nessuno per un po’. Non solo sarebbe stata la soluzione ottimale al momento giusto, ma le permetteva di non prendere parte al valzer di telefonate, saluti e avvisi che sarebbero iniziate di lì a breve. Aveva bisogno di riflettere e riposare. La incuriosiva davvero  scoprire di quale regalo si trattasse.

Al ritorno dalla passeggiata non era più sicura di aver voglia di riprendere dove aveva interrotto. Meglio domani. Una bella dormita al caldo sotto il piumone era quanto di meglio poteva desiderare. …

…(Nadia torna domenica prossima)

 

Nadia Banaudi ©2016