(N.1 al mondo su 313.000 entries con la rubrIca “Suggestioni e percorsi poetici” come potete verificare qui – 20/6/16 – 12.13 cet) (pubblicato nel contesto di “Art & Culture” N.1 su 60.700.000 come potete verificare clickando qui 14-5-16 CET 5.00)
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Se dovessi dare una definizione del mio rapporto con la Poesia probabilmente ricorrerei al celebre verso catulliano “odi et amo”. Sì, un insieme di amore ed odio; amore, tanto amore di per sé, di quello senza giustificazione, di quello che hai dentro, spontaneo, naturale, forse assoluto ed odio per quello che viene ritenuto Poesia, per come appare, per come viene “spacciata” su libri, social, in fatiscenti concorsi e premi vari. Pochissimo di tutto quello che si “spaccia” come Poesia in effetti lo è, ma Poesia è una parola antica e piena di significato che appiccicarsela addosso o appiccicarla a qualcosa nobilita, dà uno spessore a molti tipi di nulla. In questo modo il senso della Poesia si è liquefatto in miliardi di quotidiane banalità autoreferenziate o referenziate da quell’entità eterea e onnipresente chiamata “mercato”, e visto che questo genere ormai non ha nessun mercato l’etichetta poesia si appicca un po’ a quello che si vuole: qualsiasi espressione, i miei sentimenti, quattro rime, una dichiarazione d’amore, una canzoncina, un twitt… Oppure si rispolvera ufficialmente quando un qualche “famoso” (un politico, un cantante, un personaggio tv) pubblica le sue cose e il mercato comprende di poterle venderle.
…Leggiucchiavo qua e là con queste riflessioni in testa qualche“poesia”, quasi sempre dopo i primi due versi cestinavo, alcune volte ne reggevo un paio in più, raramente ne finivo una, quasi mai ne leggevo due dello stesso autore… ma una volta mi è capitato di leggere una cosa che mi ha fatto esclamare: “finalmente una Poesia!” Era una poesia di Anna Bonarrigo, non la conoscevo, non ne avevo mai letto nulla, ma è stato come vedere terra dopo mesi di naufragio. Poi ne ho letto un’altra e un’altra ancora e poi molte altre e non era un caso isolato la prima: Anna Bonarrigo era un Poeta, un “vero Poeta”, accidenti se lo è. Ed era il primo che riconoscevo dopo molto tempo, l’unico poeta in lingua italiana sullo scenario attuale alla cui lettura mi permetto di invitarvi, lettori di questi articoli. La poesia è eterea, impalpabile, forse effimera, si tratta di parole legate fra loro da un’intenzione e avviate lungo un percorso, sono parole che “escono fuori” da un’interiorità, da un’anima. Non esistono righelli o squadre infallibili che tracciano il confine netto fra cosa è e cosa non è Poesia e se uno è Poeta o no e tante varianti nel tempo possono determinarne i contorni. Ma ci sono alcuni, io credo pochissimi, che indiscutibilmente lo sono, lo capisci immediatamente, senza sofismi; se ti imbatti nella “vera Poesia” lo comprendi, qualsiasi sia il tuo tipo di approccio o altro. Friedrich Nietzsche affermava: “non importa nulla essere grandi poeti, importa solo essere veri poeti”; di grandi poeti sono piene le antologie, le storie letterarie e l’ego smisurato e infondato di molti, di “veri Poeti” ce ne sono pochissimi: Anna Bonarrigo è uno dei pochissimi.
Occhi di pace nelle armonie impalpabili
s ‘incarnano in pelle e animi
lontani dal tutto
Attimi che cedono la ragione
in alcove idealie giunge
incapace la lotta dell’essere
per pochi scampoli d’illusione
in istanti ideali.
E s’accende il calore
per quello che appare
o simula d’essere ora amore.
Perché la Poesia è un incessante scambio fra il dentro di sé e l’esterno, un’osmosi ineluttabile e irrinunciabile, una condizione senza la quale non vive;“…forse perché viviamo d’attimi, distillati, centellinati nelle labbra arse di felicità” scrive AnnaBonarrigo. L’avverbio “forse” è una chiave d’accesso all’anima della poesia contemporanea: non ci sono più verità da sbandierare, ma solo visioni, emozioni, sentimenti da proporre, da cercare dentro di sé e da scrivere su fogli di carta e…
Ah… se le tue mani potessero vestirmi,
sceglierei di rimanere nuda
aspettando i tuoi palmi scorrere
sulla curva del mio essere,
ed ogni mio respiro
sarebbe il tuo.
Chi sei?
forse ti chiami destino?
sei la luce che si infiltra nelle mie lenzuola
la giovinezza ridesta ogni mattino
la follia che ho seppellito,
sei l’alchimia che non si consuma
quel calore che mi sveste,
la paura che mi copre.
Taci!
lascia che il silenzio sia peccato,
mi lascerò cadere nelle tue braccia,
berrò la tua dolcezza
mescendo la mia passione.
Sono ghiaccio rovente
sulla tua schiena nuda
e onde improvvise nelle tue sere solitarie.
Chiamai perdizione
e non dirmi mai il tuo nome.
Proprio in virtù del discorso fatto precedentemente, ogni lettore può darne la lettura che preferisce (sarebbe bello magari confrontarsele). Voglio soltanto fare notare come due termini siano il volano di questa poesia: “calore” e “paura”, sensazioni, emozioni, sentimenti forti, personalissimi e forti. Questo è l’espressionismo poetico di Anna Bonarrigo che propone la rappresentazione creativa dell’interiorità e “calore” e “paura” sono i poli dentro i quali si genera la sua Poesia, tanto che, appunto, il suo libro {non si intitola ma} è Il Calore e la Paura. Una Poesia che scaturisce sempre dal di dentro… dall’anima…
Ai poeti piace parlare con la Poesia, parlare della Poesia e del proprio rapporto con essa, forse è un modo per affermarla o per cercarla, senz’altro per cercare se stessi dentro uno specchio più o meno fedele o deformato. Un rapporto “particolare” che potrebbe sembrare un arzigogolo ai più, ma che è uno snodo fondamentale dell’io di un “vero Poeta”, un rapporto (bi)univoco dentro il quale il più solido non è mai il Poeta. Il Poeta cerca risposte e propone versi, la Poesia…
(DONNA POESIA)
Poesia
meretrice in cerca di amanti audaci
nei simposi offerti alle folle affamate
in odissee infinite
in scambi di vita e di morte
temeraria mai stanca
ti offri sfacciata e ti lasci adulare
dal giovane ignaro che siede all’angolo della solitudine
ma non sanno di te
fragile donna di lembi vestita
d’ogni tuo dolore d’ogni passione
che uccide il nero della notte
Tu
emissaria di luce
che trascini nel vuoto dell’eterno
l’osmosi d’istanti
e poi sparisci e poi perisci
anima infausta o mite guerriera
che dal tempo fuggi
e nel tempo mio
torni ad amarmi.
Ho chiesto ad Anna di descrivermi, fuori dal linguaggio poetico e senza metafore, fuor di retorica per intenderci, cosa sia per lei poesia e:
“A cercare di descrivere cosa sia la poesia, si rischia sempre di scivolare in retoriche e frasi rimasticate ma personalmente ho spesso scavato alla ricerca/conoscenza tra me e lei, io e il mio lungo cammino con la Poesia. Non posso non ricordare quando in un’età del tutto inconsapevole, pennellavo di sensazioni il mio quaderno e fu la stessa insegnante a dare un nome a quelle righe…mi disse:”hai scritto una poesia Anna?” lo stupore fu più il mio… che meraviglia pensai… posso descrivere ciò che sento… e ciò che sento dunque è poesia? Porto con me quell’idea di purezza, di quella poesia spontanea, d’anima, un’anima che scopre poi, d’essere simbiotica con la mente in quella mia malattia di pensare, di vedere oltre la superfice delle cose, il desiderio o forse l’esigenza di dare ali ai miei pensieri in questo tempo distratto da tutto, il tutto diviene niente e dal niente nasce la mia poesia.”
“Il tutto diviene niente e dal niente nasce la mia poesia”: nulla da aggiungere, nessun commento, semplicemente… Anna!
Renato Barletti ©2016
Potete seguire Renato ogni sabato in “Suggestioni e percorsi poetici”