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(pubblicato nel contesto di “Art & Culture” N.1 su 60.700.000 come potete verificare clickando qui 14-5-16 CET 5.00)

(la rubrica ” I libri! di Massimo ” è la N.3 su 1.910 siti come vedete qui al 2/7/16 alle 9.00)

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Un giorno di fine inverno di qualche anno fa stavo passando per caso davanti al cimitero comunale di via Panciatichi, a Rifredi. Era una giornata nuvolosa, greve, tiepida. Avevo un impegno lì vicino, per un corso d’inglese: era ancora presto così mi presi un caffè al bar accanto al cimitero, pagai, uscii e passai davanti al cancello. Qualcosa mi spinse ad entrare. Come già il Foscolo, Lovecraft e Poe anch’io sono attratto da queste “ultime dimore” e dalla letteratura relativa. Sono luoghi di pace e di riflessione, quando quella tempesta furiosa che è la vita ha lasciato il posto ad un cielo sereno e cristallino in cui tutto forse apparirà chiaro.

Sulle sincronicità (chi non ne ha sperimentata almeno una nella vita?) è stato scritto molto: Jung le interpretava come messaggi che la nostra vita ci invia per attirare la nostra attenzione su un certo aspetto. La sincronicità di quel giorno fu quella di notare, appena entrato, una lapide che recava una foto con un volto noto. Il nome sotto la foto confermò il mio ricordo: “Sara Bensi. 24.4.1978 – 12.6.2001”.

Sotto al nome e alle date c’era una poesia scritta dalla defunta.

La conoscevo. La incontrai per la prima volta pochi mesi prima che il tumore se la portasse via all’età di 23 anni. Era già malata ma io non lo sapevo. Lo sapevano in pochi. Mi fu presentata da una comune amica, la mia vicina di casa rumena che nel frattempo si era trasferita altrove. Devo dire che, sulle prime, non mi fece una grande impressione: era una persona silenziosa, molto riservata, malinconica. Frequentava, come me, la facoltà di lettere all’Università degli Studi di Firenze e la parrocchia di Santo Stefano in Pane, che frequentavo tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Era una fervente cattolica, impegnata nel sociale. Altro non sapevo. Ignoravo che anche lei scrivesse versi e che avesse partecipato a dei concorsi letterari. Non c’era stato tempo neanche perché si instaurasse una vera amicizia tra noi; scomparve dopo poco, senza spiegazioni. Non avevo idea che non l’avrei mai più rivista viva.

Quel giorno al cimitero mi tornarono alla mente quei momenti, quel volto che avevo appena fatto a tempo a riconoscere tra mille. Quella fu la prima sincronicità. La seconda arrivò qualche anno dopo quando trovai un libro particolare in uno degli scaffali del libero scambio che sono solito frequentare: si trattava della raccolta postuma delle poesie di Sara, un libretto di neanche sessanta pagine che racchiudeva il percorso poetico e umano di una ragazza morta giovane, cosciente della provvisorietà del suo essere. Una ragazza che mostrava un volto solare che non conoscevo, forte nella sua fede e nell’amore delle persone che le stavano vicine.

Presi il libro e lo lessi con calma a casa quello stesso giorno. Lo conservo ancora nella mia libreria. Le poesie sono riportate in ordine cronologico, dal 1989 (quando era ancora una bambina) fino all’anno della morte, suddivise in sette sezioni. Nei suoi versi Sara parla di Dio, delle sue impressioni ed emozioni, dei suoi momenti di sofferenza (come ad esempio in “Crisi”, in cui elenca tutto ciò che la fa piangere e soffrire), degli affetti familiari, delle festività, della natura, della pace tra gli uomini, dell’amore verso i bambini, e lo fa con un linguaggio semplice, colloquiale, piano, molto lontano da quell’ermetismo che troppo spesso allontana i lettori da questo genere letterario. Certo, alcuni versi appaiono un po’ acerbi ma traspare un grande talento che avrebbe potuto svilupparsi verso vette ben più alte se il male non avesse posto fine così prematuramente alla vita e alla poesia. Ma mentre il corpo, quest’abito che il nostro spirito indossa durante il breve passaggio su questa terra, viene lasciato e poi scompare, la poesia, insieme al nostro essere più intimo, è ciò che resta di un poeta e di una poetessa, ciò che non muore, la sua eredità umana e artistica. Attraverso di essa Sara continua a parlarci da un luogo senza spazio e senza tempo.

 

Massimo Acciai Baggiani ©2017

Qui trovate i libri di Massimo

 

Bibliografia

 

Bensi S., Ama guardare il sole, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi Editori, 2001.