traduttore /translator friendly:
Se volete aggiungere un traduttore automatico di siti/ pagine internet clickando qui trovate quello ufficiale di Google
If you want to add Google Translate in order to translate the whole pageplease click here to find and install
(pubblicato nel contesto di “Art & Culture” N.1 su 60.700.000 come potete verificare clickando qui 14-5-16 CET 5.00)
(la rubrica ” I libri! di Massimo ” è la N.3 su 1.910 siti come vedete qui al 2/7/16 alle 9.00)
——————–
La storia di Momo, ragazzina dalle origini misteriose, e della sua lotta contro gli Uomini Grigi ladri di tempo è seconda per notorietà, tra i romanzi dello scrittore tedesco Michael Ende (1929-1995), solo a La storia infinita. Meno nota ma non meno interessante è la storia di Rafè, raccontata dal quasi coetaneo Giovanni Arpino (1927-1987) in Rafè e Micropiede. Di quattordici anni precedente a Momo, il romanzo di Arpino presenta curiose affinità con quello di Ende a partire dal personaggio della tartaruga meccanica Micropiede, compagna di viaggio del ragazzino protagonista, che non può non ricordare la tartaruga Cassiopea, fedele amica di Momo. Un caso? Forse, ma ricordiamo che Ende conosceva molto bene il nostro paese e la sua letteratura: non dovremmo stupirci se lo scrittore tedesco abbia letto “Rafè e Micropiede” con lo stesso gusto con cui l’ho letto io di recente, riscoprendo quell’atmosfera favolistica e critica verso la nostra società postmoderna comune alle due opere. Diamo ad entrambe un rapido sguardo evidenziandone somiglianze e differenze.
Partiamo dall’opera precedente. Nel 1959 usciva il breve romanzo di Arpino, autore noto per ben altre opere destinate al pubblico adulto (di lui ho letto anche “La trappola amorosa” a cui ho fatto l’occhiolino in uno dei miei racconti sappadini). Protagonista è un ragazzino di nome Rafè, abitante di una non meglio precisata città moderna e anonima, con alle spalle una famiglia numerosa e non certo benestante da cui intende fuggire per trovare il “posto dove si sta meglio”. Subito il suo viaggio assume atmosfere fiabesche e fantastiche: finisce nel giardino del dottor Mechano, una sorta di inventore strampalato che – tra le altre cose – ha costruito una tartaruga meccanica di nome Micropiede, la quale si nutre di luce ed è in grado di rispondere alle domande. La strana coppia – ragazzino e tartaruga robot – si incamminano nella ricerca utopica, visitando una serie di città bizzarre che altro non sono che la parodia del mondo moderno (nonostante sia stato scritto negli anni ’50 dello scorso secolo, il romanzo è ancora molto attuale) con le sue nevrosi, le sue manie ed ipocrisie. Gli abitanti di P.R.E.S.T.O. (acronimo non spiegato dall’autore) pagano con un costante stress l’efficienza a loro richiesta, quelli di S.A.L.U.S. vivono nel terrore delle malattie e sono ossessionati dal fitness, quelli della città dei Fuorilegge sono preda di un corpo di polizia comandato da un brigante, quelli di Idillo vivono nel culto dei tempi passati e rifiutano qualsiasi modernità, infine a Sperimento – la città più propriamente fantascientifica tra quelle nominate nel romanzo – la nevrosi assume proporzioni cosmiche. Naturalmente nessuno di questi è il luogo “in cui si sta meglio”, così al protagonista non resta che tornare alla propria città a cui guarda adesso con occhio nostalgico.
Per quanto riguarda il romanzo di Ende, uscito nel 1973, non starò qui a raccontarne la trama, arcinota (anche grazie alle due trasposizioni cinematografiche tra cui il bellissimo film di Enzo D’Alò del 2001 – raro caso di film d’animazione italiano di qualità). Come Rafè, la piccola Momo rappresenta lo sguardo ingenuo ma intelligente dell’infanzia al mondo spesso insensato degli adulti. La Roma fantastica in cui si svolge la storia dopo la comparsa degli Uomini Grigi ha delle inquietanti affinità con P.R.E.S.T.O.: gli abitanti sono spinti ad vivere una vita frenetica e disumana per risparmiare tempo (che sarà poi rubato dalle oscure entità) mentre i bambini sono gli unici ad accorgersi della mega truffa (come i bambini di Idillio sono gli unici a rendersi conto della follia antiprogressista dei loro genitori).
Il personaggio di Cassiopea sembra modellato su quello di Micropiede: entrambi sono tartarughe fuori dal comune – magica la prima, meccanica (ma anche magica) la seconda. Cassiopea è in grado di rispondere alle domande e di prevedere il futuro di 30 minuti (capacità che si rivelerà molto utile per la vittoria dei buoni); Micropiede è composta di circuiti elettronici ma si dimostra più umana di molti personaggi incontrati da Rafè. Sia Cassiopea che Micropiede fanno da guida ai rispettivi giovani amici umani (Momo e Rafè) in un mondo nevrotico, alla ricerca di qualcosa di importante per loro (Mastro Hora nel caso di Momo, “il luogo in cui si sta meglio” nel caso di Rafè), aiutandoli a superare le difficoltà che incontrano lungo il cammino. La tartaruga, ricordiamolo, è un antico simbolo di saggezza e longevità, protezione e pazienza. Nella mitologia indiana rappresenta il mondo o, in un altro mito, ciò che sostiene l’elefante che a sua volta sostiene la nostra terra. La targaruga è presente in molte leggende di vari popoli, dai greci agli indiani, dai nativi americani ai cinesi, sempre con significati positivi. Certamente sia Ende che Arpino hanno attinto alla medesima metafora ma è impossibile purtroppo sapere dalla loro bocca (essendo entrambi defunti) se c’è effettivamente stata un’influenza: a me piace pensare di sì.
Bibliografia
- Arpino G., Rafè e Micropiede, Garzanti, 1989.
- Ende M., Momo, Longanesi, 1984.
Firenze, 26-27 settembre 2017
Di Massimo Acciai Baggiani
Massimo Acciai Baggiani ©2017