LA RAGAZZA DI CALVI

Sono a Calvi questa sera e non so nemmeno per quale motivo ci sia. Ci sono arrivato casualmente come tre sere prima Blanche ed io eravamo capitati al porto ed avevamo incontrato Maurice. Allora, per spiegarci bene: Blanche è la mia ragazza, Maurice suo fratello ed il porto quello di Cannes. Maurice stava preparando con due suoi amici un sette metri per andare qualche giorno in Corsica e ci chiese se ci univamo, io non dissi niente e Blanche immediatamente accettò. Vabbè andiamo in barca in Corsica. Il giorno della partenza però Blanche non si sentì bene, ma io, abitando in Italia ad un centinaio di chilometri, non lo sapevo e mi sono presentato pronto per salpare. Passo a prenderla e la trovo con la febbre altissima ed a vomitare: influenza intestinale e capogiri, non proprio l’ideale per andare in barca. Ovviamente niente gita per lei e credevo neanche per me, ma insistettero tutti che alla fine mi convinsero. Lei, il fratello, Guy ed Erik, i due amici. Così siamo partiti in quattro, per me la prima volta in mare, tutto bene a parte il non aver mai dormito, ma il mare di notte da solo nel silenzio ha un gran fascino. Siamo a Calvi da ieri sera e dopo domani dovremmo tornare indietro, mangiamo in un bistrot sulla rocca ed al tavolino accanto ci sono quattro ragazze svedesi e dopo poco i tavolini si sono uniti e mangiamo e scherziamo tutti insieme. Erano chiare le intenzioni di tutti, almeno degli altri sette, io quella sera non ero, diciamo, interessato alla situazione. Ovvio stavo con Blanche e lì c’era suo fratello, ma non solo per questo. Non mi è mai piaciuto sovrapporre una donna ad un’altra, ancora prima di parlare di possibile tradimento: stavo con Blanche, mi piaceva lei e non mi interessava un’ipotetica svedese, tutto qui. Tra l’altro con Blanche stavamo insieme da circa otto mesi e sino ad allora non ero mai stato così a lungo con una ragazza. Quindi dopo cena, mentre loro accompagnano a far vedere la nostra barca alle ragazze io scendo dalla rocca a cercare un telefono per chiamare Blanche e sentire come stesse: ovviamente le è passato tutto.

Scendo dalla rocca camminando dietro il porto e poi iniziando la lunghissima spiaggia a semicerchio che si apre sulla destra di Calvi. C’è la luna, tre quarti di luna, proprio in faccia mentre cammino allontanandomi dal paese. Più scendo e meno gente c’è sulla spiaggia, all’inizio falò e compagnie con chitarre e grigliate, poi sempre meno, poi qualche coppietta e poi nessuno. Nessuno per parecchia strada, guardo il mare appena mosso con i riflessi della luna con i piedi nudi nella sabbia fredda della notte, con la testa cullata dal Vermentino corso e da quel Moscatello leggero e frizzante. Mi sembra di essere in una situazione sospesa, senza persone, senza discorsi, senza pensieri; solo il mare, la sabbia e la luna. Ormai sono lontano dal paese, dalla gente e dai rumori del paese e della gente. Cammino lentamente scavando la sabbia, ogni tanto deviando sul bagnasciuga, l’acqua nemmeno poi fredda, mi sento parte di quella spiaggia più che essere su quella spiaggia. Così a lungo, sino ad un muretto di cemento, mi ci siedo, resto a fissare il mare con quei riflessi tremolanti, osservo e basta, nessun pensiero mi sfiora, a volte una piccola onda leggermente più lunga mi manda qualche schizzo. Silenzio e mare, solitudine e luna.

Un piccolo rumore come di un ramo spezzato dietro di me, un’ombra che esce dalla pineta e cammina verso il mare, una ragazza. Cammina sino alla riva, si bagna i piedi sino a sotto il ginocchio, esce e si avvicina, si siede sul muretto a mezzo metro da me. Sempre tutto in silenzio, guarda il mare, guardo il mare.

  • Mah… secondo te quanto ci vuole per girare tutto il mare?
  • Ma veramente non lo so, presumo tanto, tanti anni.
  • È vero e forse non basteranno nemmeno.

Di nuovo silenzio e mare, sguardi e luna.

  • Io mi chiamo…
  • Scccc! Non servono i nomi in una notte come questa.

E si mette a ridere, delicatamente, poco più che sorridere.

  • Lo voglio girare tutto, sono partita due mesi fa da Barcellona, sono stata in Grecia, Sicilia e a Napoli, poi sono tornata indietro e dalla Corsica scenderò giù a girare intorno alla Sardegna e poi risalire per tornare a Barcellona prima che l’estate sia finita.
  • Viaggi in mare da molto, ma da sola?
  • Sì da sola ed è la prima volta che parto, ma non sarà l’ultima. Adoro stare lì in mezzo senza vedere terra, a sentire il profumo del mare e il silenzio la notte. Poi adoro anche arrivare in un porto e vedere la gente che c’è, fermarmi e ripartire. Come qui a Calvi, sono arrivata ieri mattina e fra qualche ora parto, appena sorge il sole.
  • Bello, anche io la prima volta che viaggio per mare, ma sono con altri tre, io non sono capace a condurre una barca.
  • Condurre, condurre… principalmente è il mare che conduce, poi sì un po’ anche te, ma il segreto è farsi condurre da lui.

E si alza in piedi, si gira e lo guarda senza più staccare gli occhi dal mare. Io la guardo sul profilo illuminato dalla luna: alta, pelle molto abbronzata, capelli lunghi neri legati in una coda, seno piccolo, viso ovale ma molto netto con sopracciglia grandi, naso importante e occhi scavati. Comunque occhi fissi e persi nel mare.

  • Tu cosa fai nella vita?
  • Io studio ancora, sto finendo l’Università.
  • Anche io faccio l’Università nei mesi invernali. Tu cosa?
  • Io Lettere, sono sempre stato appassionato di questo.
  • Io Biologia, non ne sono appassionata, ma tanto per fare qualcosa.
  • Certo la tua passione si capisce quale è.
  • Sì, è questa e spero prima o poi di fare qualche regata solitaria intorno al mondo, ma prima devo impratichirmi bene.
  • Ma non è il mare che ti conduce, dicevi?
  • Ti conduce il mare, ma certi mari ti possono condurre alla rovina, sai qui l’estate è un conto, ma immaginarsi vicino all’Antartide con la terra più vicina a sei/settemila miglia è differente.
  • Certo lo capisco, ma lo spirito è quello. Un signore quando ero bambino e stavo imparando a nuotare mi ha detto che si può annegare anche a pochi metri da riva.
  • Hai imparato a nuotare?
  • Allora facciamo il bagno.

Si toglie i vestiti, li lascia sul muretto, mi prende per mano e andiamo verso l’acqua. Senza nuotare, fermi a galla a sentire quella freschezza massaggiarci ovunque nei riflessi della luna. Mare e cielo, cielo e mare, niente altro.

  • E tu che sogno hai?
  • Ehhh, ne avrei tanti. Credo che finirò l’Università e cercherò di vivere quanto più intensamente potrò sino a quaranta anni, poi mi metterò a scrivere e racconterò tutto a tutti. Avrei voluto fare il giornalista sin da bambino, ma è successa una cosa… lasciamo perdere, non roviniamo il mare e la luna. Ma non è un sogno di ripiego, è parte di me.
  • Ah ah, allora scriverai anche di stasera prima o poi. Magari quando scriverai di me sarò una famosa velista e quando io leggerò cosa scriverai di me tu sarai uno scrittore da Nobel.
  • Certo, chi ci può fermare.

Come no, scriverò di lei che non so nemmeno come si chiama, di dove è, no forse sarà spagnola, anche se parla francese molto meglio di me. La guardo mentre fa il morto nel mare notturno con le parti intime chiaramente in evidenza (anche le mie), ma non mi vengono pensieri di quel tipo. Sto bene qui a farmi cullare dall’ondina appena accennata, lontano/i dal mondo, da tutto e da tutti. Sto bene a parlare con lei che a tratti non mi sembra nemmeno un’altra persona.

  • Hai trovato mare grosso in questa traversata?
  • Sì fra la Grecia e la Sicilia ho avuto momenti di difficoltà, tra l’altro la radio non funzionava e mi sentivo proprio sola in mezzo al mare.
  • Paura?
  • No, ho capito quella notte che ero nella mia situazione naturale, dove vorrei essere sempre, dove non avrei paura né di vivere né di morire.

Non dico nulla e mi viene spontaneo accarezzarle la testa, non avevo mai sentito dire una cosa bella e profonda come quella dal vero; sino ad ora le avevo solo lette in poesie e romanzi o sentite al cinema o in qualche canzone. Mentre diceva questa cosa ho percepito la profondità della vita, il senso stesso della vita: vivere senza paura di niente, nemmeno di morire, per qualcosa o per qualcuno, per se stessi, credo sia un punto di arrivo. Lei era arrivata a questo e quindi poteva partire per dove voleva sul suo mare che era tutta la sua vita.

  • Cantiamo!
  • Cosa, che canzoni conosci?
  • Nessuna cantiamo senza parole, conosci La mer di Debussy?
  • Sì, ma non proprio bene.
  • Non importa, lasciati condurre dalla musica sul mare, dentro il mare.

Cantava l’aria con lo sguardo felice muovendo la testa a ritmo. Io ricordavo l’aria principale, ma non certamente tutto il pezzo strumentale di una ventina di minuti, la seguivo. Ogni tanto si fermava e mi spiegava l’immagine o il senso del pezzo che chiaramente è tutto nel mare, la musica del mare e lei la coglieva sino nell’essenza. Chissà quante volte si sarà immaginata il mare, le onde, il vento, le correnti prima di viverle e chissà come si sarà sentita la prima volta che li ha vissuti dopo averli immaginati a lungo. La guardo e sembra tutt’uno con il mare, canticchiando l’aria con piccoli movimenti delle labbra e della testa. Ora siamo in piedi solo con le teste che escono fuori e quando mi spiega che in quel momento il mare diventa grosso tira fuori le mani e lo mima. Io inizio a sentire freddo, non so da quanto siamo dentro, ma non sarà da poco, sempre a sentirla canticchiare La mer con i riflessi della luna sulle onde appena accennate.

  • Senti qui le onde che vanno verso la riva e poi tornano indietro e via così, l’acqua che gira, torna indietro, si perde sulle rive. Anche questo è un mare di notte.
  • Anche io, che dormo pochissimo, l’altra notte sono stato sempre seduto verso prua a guardare il buio ed ascoltare il silenzio.
  • Lo faccio anche io, poi magari dormo nei porti. Riesco a coglierne la profondità di notte. Una settimana fa ero fra la Sicilia e Napoli e c’era una bonaccia assoluta e la luna piena, niente vento. Eravamo solo io e il mare, mi sono sentita amata come non mi era mai capitato.

Sorrido e le accarezzo nuovamente i capelli. Sembra una bambina che non riesce a frenare la gioia che ha dentro e forse questa sera mi ha insegnato la seconda cosa più profonda, nella sua semplicità, che ci sia e la seconda stasera. Vivere con gli occhi, il cuore, la testa da bambini. Se non fosse stata bambina come avrebbe potuto provare quell’amore così profondo per il mare e manifestarlo in ogni sua espressione? E lo stesso per qualunque cosa o per qualsiasi persona: bambini con occhi che guardano lontano. A venticinque anni si possono scoprire così tante cose, ma anche dopo… credo.

  • Usciamo che ho la pelle delle dita che si è raggrinzita tutta e inizio a sentire freddo.
  • Ma da quanto siamo in acqua?
  • Da più di un’ora.
  • Accidenti, anche io ho le dita tutte raggrinzite, come quando non uscivo mai dall’acqua da bambino e mia mamma sulla riva gridava per chiamarmi, appunto da bambino.

Usciamo.

  • Dai vieni, andiamo a prendere un po’ di legna nella pineta così ci scaldiamo.

La seguo senza vestirci, corriamo, prendiamo tutti i rami che riusciamo a portare e torniamo dal muretto. Lei prende due legnetti e in poco tempo riesce ad accendere delle foglie e della cartaccia e dopo poco altro tempo si accende il fuoco. Il calore delle fiamme ci scalda e ci asciuga, anche le dita non sono più raggrinzite ed il mare luccica sempre dei riflessi della luna. Mi siedo vicino al fuoco e lei si sdraia a fianco appoggiando la testa sulla mia gamba, restiamo lì. Racconta la sensazione di quando quella notte della bonaccia ha visto un’isola in lontananza e si è avvicinata lentissimamente quasi come per gustare più a lungo l’avvicinarsi della terra. Poi si parte fantasticando sugli antichi navigatori senza strumenti che scoprivano isole e continenti e su cosa potessero provare e ogni tanto mi racconta aneddoti e leggende di mare. Ogni cosa ha un significato, ogni cosa sembra sia una goccia di mare che da sola evaporerebbe, ma che nel mare trova il senso del proprio essere. Così è lei, come si potrebbe immaginarla lontana dal mare, senza mare, senza pensare al mare? La luna si abbassa velocemente lasciando i suoi riflessi più tenui, più allungati e forse alle nostre spalle il cielo lascia intravedere qualche chiarore.

  • Andiamo che fra poco farà giorno.

Torniamo verso Calvi camminando sulla spiaggia a piedi nudi con il mare da una parte e i bagliori soffocati dall’altra, ci teniamo per mano e lei racconta ancora di albe sul mare. In effetti quella che ho vissuto io l’altra notte a prua aveva un qualcosa di incredibile, impensabile se uno non l’ha vista. Ma vederla non basta, bisogna viverla; ricordo che avevo la pelle d’oca e non per il freddo. Io che ero in mezzo al mare per caso, figuriamoci lei che di quello si nutre, che quello è il fine, il mezzo, il dove e il quando della sua vita. Mi racconta di albe e tramonti mentre torniamo verso il porto, ore ad ascoltare i suoi racconti, in acqua, vicino al fuoco, camminando sulla spiaggia.

La spiaggia termina dove comincia il muro del porto, ma per entrarci bisogna fare un giro e passare dal cancello.

  • Ma no dai, scavalchiamo qui che facciamo prima.

Non c’è nessuno nel porto, Calvi dorme in questa aurora di luglio.

  • Questa è la mia barca, dai sali che partiamo?
  • Partiamo?
  • Sì, vieni con me ti faccio vivere il mare, poi ti riporto a casa tornando indietro.
  • Ma come faccio, sono con degli altri, poi ho pochissimi vestiti.
  • Lasci loro un biglietto, tornano a casa anche senza di te, per i vestiti non ci sono problemi, un giorno si usano e l’altro si lavano e si asciugano al vento e al sole.

Spiazzato, non so davvero cosa fare. L’istinto mi dice di andare, di seguirla, la testa mi ripete “non puoi farlo”. Resto lì fermo sulla banchina mentre lei scioglie tutte le corde dalle bitte. “E Blanche? E Maurice e gli altri?”. La guardo e non decido nulla, la guardo, ma la testa decide per l’istinto, mi avvicino a lei. L’abbraccio e la bacio sulla fronte.

  • Ciao Ragazza di Calvi, che il mare ti sia sempre propizio.
  • Ciao Ragazzo di Calvi, che la vita ti conduca dove vorrai tu.

E sale sulla barca e va. Salgo veloce sulla rocca per vederla dall’alto uscire dal porto e dirigersi verso sud.

In piedi a prua con la luce nei capelli, lo sguardo verso lontano e il mare tutto intorno a lei…

e dentro di lei.

by Renato Barletti

RACCONTO TRATTO DA https://appealpower.files.wordpress.com/2018/11/il-senso-del-viaggio-fuori-e-dentro-di-sc3a91.pdf?fbclid=IwAR3blCzjjBYRyB_2HRKivpWKPy8UL3O2h_WOr_M_c7iJ90V7VrYbfYdPXx8

 

Renato Barletti ©2019

Suggestioni e percorsi poetici

“CONOSCERE IL TEATRO: ORIGINI ED EREDITÀ”